venerdì 30 ottobre 2009

Cañizares. Liturgia: la Riforma si riforma

Questo il significativo testo apparso su "La Stampa" di ieri:
Il Prefetto della Congregazione per il Culto divino, il cardinale Antonio Cañizares Llovera, in un’intervista a Catalunya Cristiana, rilasciata durante una conferenza a Barcellona, ha ammesso che la sua Congregazione sta lavorando a una “riforma della Riforma” liturgica che è seguita al Concilio Vaticano II. “Quello che posso dire – ha dichiarato il cardinale – è che è un periodo molto importante per tutti, si è lavorato intensamente, c’è stata una Plenaria della Congregazione, e si sono stilate delle proposte che il Santo Padre ha approvato e che costituiscono la base del nostro lavoro. Il grande obiettivo è di rivitalizzare lo spirito della liturgia in tutto il mondo”. E ha aggiunto: “Ci sono affari urgenti da sbrigare ogni mattina, in riferimento a eccessi e errori che si stanno commettendo nella liturgia ma soprattutto il tema più urgente e che si sente con urgenza in tutto il mondo, è che il senso della liturgia deve essere ritrovato. Questo non significa semplicemente cambiare rubriche o introdurre nuove cose, ma si tratta semplicemente che la liturgia deve essere vissuta e che deve essere al centro della vita della Chiesa”.
Il porporato ha sottolineato l’esigenza di recuperare “il senso del mistero. Dobbiamo recuperare quello che non avrebbe mai dovuto perdersi. Il più grande male che è stato fatto all’uomo è stato il tentativo di eliminare dalla sua vita la trascendenza e la dimensione del mistero”. Secondo indiscrezioni pubblicate da “Il Giornale” ad agosto, la Plenaria sarebbe in favore di una maggiore sacralità del rito, di un recupero del senso dell’adorazione eucaristica, di un recupero della lingua latina nella celebrazione e del rifacimento delle parti introduttive del messale per porre un freno ad abusi, sperimentazioni selvagge e inopportune creatività. Si sarebbero anche detti favorevoli a ribadire che il modo usuale di ricevere la comunione secondo le norme non è sulla mano, ma in bocca. C’è, è vero, un indulto che permette, su richiesta degli episcopati, di distribuire l’ostia anche sul palmo della mano, ma questo dovrebbe in futuro rimanere un fatto straordinario. Il «ministro della liturgia» di Papa Ratzinger, Cañizares, starebbe anche facendo studiare la possibilità di recuperare l’orientamento verso Oriente del celebrante almeno al momento della consacrazione eucaristica, come accadeva di prassi prima della riforma, quando sia i fedeli che il prete guardavano verso la Croce e il sacerdote dava dunque le spalle all’assemblea.
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Recupero della Tradizione non è tornare indietro, ma tornare alle origini, non quelle del falso archeologismo liturgico dei novatores e dei "falsi profeti" improvvisati liturghi e chiuderla con i prefabbricati a tavolino; il che significa ritrovare il Signore e la Sua Presenza e, soprattutto permettergli di inondare i credenti delle Sue Grazie copiose. Finora, non si è fatto altro - e molti ormai se ne stanno rendendo conto - che causare la "breviatio manus Domini" (Is 59,1- "ecco non è troppo corta la mano del Signore da non poter salvare"), che si determina a causa:
. conoscenza imperfetta dei mali
. mancanza di forza morale
. calcolo di prudenza che non pone rimedio ai mali veduti perché stima che così aggraverebbe i mali anziché guarirli.
A questo proposito cito a memoria da Romano Amerio (Iota unum): "Di due cose c'è bisogno per custodire la Verità. Primo: rimuovere l'errore dalla sfera dottrinale; il che avviene rifiutando gli argomenti erronei e mostrando che essi non sono convincenti. Secondo: rimuovere la persona in errore, depondendola dalla sua funzione, il che vien fatto con un atto di autorità della Chiesa. Se questo servizio papale non è esercitato, sembrerebbe ingiustificato dire che è stato usato ogni mezzo per custodire la dottrina della Chiesa: siamo in presenza della "breviatio manus Domini".

giovedì 29 ottobre 2009

Arte Sacra. "Rivoluzione" post-conciliare e autocritica architetto Portoghesi su Osservatore Romano

E' di oggi l'articolata consapevole dotta autocritica di Paolo Portoghesi sull'Osservatore Romano sull'architettura sacra dell'ultimo cinquantenio. Ne riporto i tratti più significativi non potendo non rilevare il moltiplicarsi delle voci che, unitamente a sua, riconoscono e ridimensionano la "rivoluzione" conciliare che, in luogo di una pur sempre necessaria riforma, ha prodotto un'interpretazione radicale del "legittimo progresso" insieme frutto e causa di sovrana indifferenza verso la "sana tradizione"
Quasi cinquanta anni ci dividono dal giorno in cui Giovani XXIII decise di convocare il concilio Vaticano II e una riflessione si impone, al mondo della cultura architettonica, sull'esito di quel lungo processo di innovazione nel campo della architettura religiosa cattolica che ha preso spunto dalla riforma liturgica e si è concretato in migliaia di chiese cattoliche costruite da allora in tutto il mondo. Chi scrive, avendo partecipato fin da principio e con diverse esperienze progettuali e realizzative alla ricerca di un nuovo modello ecclesiale, attribuisce a questa riflessione un valore autocritico e propositivo. La prima delle quattro Costituzioni conciliari, quella promulgata il 4 dicembre 1963, ammoniva che "per conservare la sana tradizione e aprire nondimeno la via a un legittimo progresso non si introducessero innovazioni se non quando lo richiedesse una vera e accertata utilità della Chiesa, con l'avvertenza che le nuove forme scaturiscano organicamente, in qualche maniera, da quelle esistenti". Parole relative all'innovazione liturgica che potevano però ragionevolmente estendersi anche all'innovazione delle forme e delle tipologie architettoniche. Il clima culturale degli anni Sessanta del secolo scorso, ancora fortemente influenzato dalla fiducia illimitata nelle rivoluzioni, favorì da parte degli architetti, una interpretazione radicale del "legittimo progresso", e una sovrana indifferenza per la "sana tradizione", vista come ostacolo a una radicale palingenesi basata sulla tabula rasa. Anzitutto venne messa in discussione la sacralità dell'edificio religioso affrontando il tema della differenza tra Chiesa spirituale e chiesa costruita, contrapponendo nozioni di cui la tradizione indicava invece la complementarità, come la Domus Ecclesiae e la Domus Dei, la Chiesa come corpo mistico di Cristo e come popolo di Dio, la Chiesa di Dio e la Chiesa degli uomini. ...Gli elementi architettonici mantenutisi nei secoli come invarianti: l'abside, le navate, la struttura cruciforme, il tiburio o la cupola come sorgente di luce, vennero generalmente rifiutati come inutili ai fini della configurazione di un nuovo spazio comunitario accentrato caratterizzato dall'orientamento del sacerdote verso i fedeli. La parola chiesa, come è noto, deriva da ecclesìa, che come scrive san Cirillo di Gerusalemme deriva a sua volta da ekkaleìsthai, chiamare a raccolta. La Chiesa quindi, come realtà spirituale, è etimologicamente l'assemblea di coloro che sono chiamati dal Signore, mentre la chiesa come edificio deriva probabilmente dal greco kyriakòn, che significa semplicemente ciò che è proprio del Signore. Il significato che il termine assemblea aveva assunto negli anni del Concilio, come luogo di accese interminabili discussioni, così come la nozione di partecipazione, simbolo di democrazia diretta, dettero un valore simbolico improprio alla assemblea dei fedeli, chiamati a partecipare attivamente non a una discussione, ma all'azione liturgica in quanto soggetti di un "sacerdozio regale". Nacque così la chiesa-teatro, con platea digradante o la chiesa quadrata priva di orientamento come un'arena da intrattenimento. In tempi recenti la moda del cosiddetto minimalismo ha riportato in auge una specie di iconoclastia, fino a escludere la croce e le immagini sacre e a spogliare l'immagine esterna di ogni residua analogia con le chiese tradizionali. Sotto il profilo urbanistico, la presa d'atto della perdita di centralità dell'edificio, condizionato dalla logica dello zoning, che assegna all'edificio religioso, nei piani territoriali, un lotto spesso residuale, condusse spesso gli architetti a un inane tentativo di imporre la presenza della chiesa, in mezzo ai volumi incombenti della periferia-dormitorio, attraverso una scomposta gestualità scultorea.
La Chiesa è costruzione spirituale fatta, come scrive san Pietro, di pietre viventi che sono gli stessi fedeli, connessi alla pietra angolare rigettata che "è l'immagine di Colui che ha preso su di sé la sofferenza mortale dell'amore radicale e così è diventato spazio per noi tutti, pietra angolare, che dell'umanità dilacerata fa una dimora vivente, una nuova famiglia" (Cantate al Signore un canto nuovo, p. 199). Riconosciuta l'incolmabile distanza tra Chiesa e chiesa sarebbe giusto, si chiede Benedetto XVI, svalutare la chiesa come un involucro insignificante. "Non dobbiamo forse - scrive in occasione della celebrazione del primo millennio del Duomo di Magonza - anziché festeggiare ancora un edificio in pietra, avviarci audacemente e decisamente fuori dal passato impietrito e costruire la nuova comunità che venera Dio prendendosi cura radicalmente degli uomini? Non ha indicato giustamente la via da prendere quell'autore che ha volutamente intitolato un testo scolastico per l'insegnamento della religione La casa degli uomini, con l'intento di allontanare dalle case di Dio e condurre alla casa degli uomini, costruire la quale sarebbe l'autentico modo di seguire Gesù?" (Cantate al Signore un canto nuovo, p. 106). La risposta a questo interrogativo pone fine all'intento di svalutare l'involucro contrapponendo insensatamente la Chiesa vivente alla chiesa costruita. "Attraverso la passione dei suoi, Dio si costruisce la sua casa vivente e proprio così prende a suo servizio anche la pietra" (ivi, p. 109). La carne di Gesù è il tempio, la tenda, la Shekinah: la carne di Gesù è per Giovanni paradossalmente la verità e lo Spirito che subentrano al posto delle antiche costruzioni. Ma ora nella cristianità diventa viva l'idea che proprio l'incarnazione di Dio è la sua entrata nella materia, l'inizio del grande movimento per cui tutta la materia deve diventare vaso contenitore del Verbo. Ma anche la Parola deve conseguentemente dirsi nella materia, consegnarsi a essa, per poterla trasformare. Per questo sorge ora il piacere di rendere visibile la fede, di innalzare i suoi segni nel mondo della materia. A questo si collega il secondo motivo: l'idea della glorificazione; il tentativo di fare della terra una lode, fin nei suoi sassi, e così anticipare la venuta del mondo futuro. "Le costruzioni in cui la fede si esprime sono per così dire speranza resa presente e affermazione fiduciosa di ciò che essa può divenire già ora nel presente" (ivi, p. 110). Alla luce di questi insegnamenti è ancora possibile attribuire alla chiesa costruita il solo valore di un involucro neutrale? Agostino definisce l'edificio ecclesiale mater ecclesia in quanto rappresenta il popolo di Dio, ne esprime l'identità e come luogo dell'azione liturgica è un appello ai cristiani a far accadere anche nella loro coscienza ciò che vedono e ascoltano nello spazio sacro. "Il tempio è innanzitutto il luogo dove abita Dio, lo spazio della sua presenza nel mondo. È perciò il luogo dell'adunanza, lo spazio in cui il patto di alleanza ha luogo sempre di nuovo. È il luogo dell'incontro di Dio con il suo popolo, il quale così ritrova se stesso. È il luogo da cui promana la parola di Dio, la sede visibile cui è orientato il modello della sua istruzione" (ivi, p. 200). Se le considerazioni qui riportate incoraggiano chi deve progettare una chiesa a impegnarsi in profondità a dar forma allo spazio ecclesiale che può e forse deve rispecchiare il senso e la vita della Chiesa spirituale e rafforzare nei fedeli la coesione e la speranza, "giacché la costruzione degli uomini mira alla durata, alla tranquillità, alla familiarità, alla libertà. È una dichiarazione di guerra contro la morte, contro la solitudine, contro la paura. Per questo la volontà di costruire degli uomini si adempie nella costruzione del tempio, in quella costruzione in cui si invita Dio a entrare" (ivi, p. 100). Altre considerazioni ancora più specifiche del Papa possono chiarire quanto di insoddisfacente è avvenuto negli ultimi decenni segnalando come obbiettive carenze alcuni orientamenti prevalsi sia nelle indicazioni dei liturgisti che nelle concrete operazioni progettuali degli architetti.
... Il rapporto di avvolgimento da parte dei fedeli nei confronti dell'altare e dell'ambone mettono sacerdote e comunità in un rapporto dialogico che esalta la dimensione comunitaria riferendosi all'interpretazione dell'Eucarestia come rievocazione dell'ultima cena. Una conseguenza negativa è stata però l'aver messo in ombra l'aspetto sacrificale del sacramento. "È troppo poco - scrive il Papa in La festa della fede (p. 120) - definire l'Eucarestia come banchetto della comunità. Essa ha costato la morte del Signore e solo perciò può essere il dono della Resurrezione". ...
(©L'Osservatore Romano - 19-20 ottobre 2009)
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L'unica realtà che non è disposta a mettere in discussione un solo iota della propria architettura e della teologia e dei simbolismi arbitrari che la sottendono, insieme a tutte le prassi e insegnamenti anomali che abbiamo con dovizia evidenziato, è il Cammino Neocatecumenale, uno dei frutti più avvelenati del Concilio, se dell'autentico spirito conciliare davvero può chiamarsi frutto o non piuttosto delle ambiguità che, applicate in senso rivoluzionario e non logico, hanno portato alla selvaggia iconosclastia dottrinale teologica pratica ed espressiva, di cui ormai in molti sono sempre più consapevoli.

mercoledì 28 ottobre 2009

LA DIFESA DEL SACERDOZIO NELL'ANNO DEL SIGNORE 2009


Il nostro Blog non sta cambiando identità. Semplicemente, in questo momento in cui sono sotto l'attenzione di tutti i colloqui iniziati con la FSSPX, è utile mettere a confronto un insegnamento autenticamente cattolico, che risuona anche in documenti come "Presbiterorum ordinis" ed altri.

Il Priorato, il Sacerdote e l'apostolato di oggi (Mons. Marcel Lefebvre)
Come proteggere la fede dei nostri Sacerdoti? Come permettere loro di lavorare mantenendo il fervore che avevano il giorno dell’Ordinazione e della loro Prima Messa? Come perseverare in mezzo a questo mondo che, più che mai, pensa solo ai piaceri, ai godimenti, ai soldi e ai beni terreni? Come preservare il Sacerdozio in questa atmosfera della “chiesa conciliare”, di sacerdoti che non sono più Sacerdoti, che non ne hanno più l’abito, i costumi, la predicazione, la liturgia, la dottrina? Tutto questo è uno scandalo per noi.
La Provvidenza ci ha fornito la soluzione: il Priorato. Sarà esso a proteggere la grazia del Sacerdozio, il fervore del Prete. Il Priorato è come un bastione avanzato in pieno campo di battaglia, da dove i Sacerdoti ferventi, che vivono nella preghiera, nella contemplazione, vicino al Santissimo Sacramento, nell’unione fraterna, sono pronti a partire in battaglia.
Se accadesse che i Priorati scomparissero, non avremmo più la Fraternità, perché essa è essenzialmente basata sui Priorati, su questa vita comune protetta dal mondo, direi quasi claustrale. Vista l’atmosfera irrespirabile di questo mondo in piena decomposizione spirituale, morale, materiale, se non viviamo in un ambiente in cui si può respirare un’aria di fede, di preghiera, di carità fraterna non resisteremo e il nostro apostolato non sarà fruttuoso.
Di qui l’importanza capitale, a mio avviso, della costituzione dei Priorati. È difficile, bisogna riconoscerlo, ma bisogna mantenere questo ideale e capire che è assolutamente indispensabile […].
In altri tempi – mi direte – dei santi sacerdoti erano soli e tuttavia hanno realizzato, come per esempio il Santo Curato d’Ars, un apostolato meraviglioso. Ma le circostanze erano completamente diverse da oggi. Il Curato d’Ars si confessava da un parroco a due o tre chilometri da lui. Vi erano buoni sacerdoti vicini; delle riunioni sacerdotali, i ritiri organizzati dalla diocesi o dal decanato. Il Sacerdote era sostenuto da un contesto che lo spingeva ad uno slancio di zelo e di santità. Anche se l’isolamento del sacerdote non era l’ideale e spesso i preti ricercavano la vita comune, vivendo insieme nelle canoniche […].
Il Priorato ideale deve contare come minimo tre sacerdoti, altrettanti religiosi, qualche suora […]. L’isolamento, al di fuori della città, è un elemento importante per il raccoglimento, l’equilibrio anche fisico. In tal modo il Sacerdote, rientrando dal ministero, si ritrova in campagna, nella calma, nel silenzio [...] È una distrazione, un riposo fisico e morale. Ce n’è bisogno nell’agitazione e il logorio continui […].
I Priorati sono bastioni avanzati in un mondo corrotto: devono essere dei fari di luce, di fede, di santità, di discrezione, di modestia, di unione fraterna, affinché le persone possano guardare ad essi come ad baluardo di resistenza ed un puntodi riferimento.
Dal Priorato si svolgerà il ministero, ma un ministero compatibile con la vita di Priorato, assicurando il primato alla conservazione della fede e del fervore del Sacerdote. Senza di ciò non si resisterà né fisicamente né moralmente né spiritualmente. (conferenza ai sacerdoti, Parigi 1988)


COSI' KIKO ARGUELLO NEL 2009 (DOTTRINA CHE SI INSEGNA IN TUTTI I SEMINARI DEL MONDO IN MANO AI NEOCATECUMENI)
“Noi l'abbiamo finora sempre fatta da seduti, e non per disprezzo – ha affermato - ma perché per noi è sempre stato molto importante comunicarsi anche con il Sangue. Nelle comunità portiamo avanti infatti una catechesi basata sulla Pasqua ebrea , con il pane azzimo a significare la schiavitù e l'uscita dall'Egitto e la coppa del vino a significare la Terra promessa”. E qui, aprendo una lunga parentesi, l'iniziatore ha riassunto la sua catechesi sull'ultima cena, sul pane e sul vino: “Quando nelle cena della Pasqua ebraica si scopre il pane si parla di schiavitù, quando si parla della Terra promessa scoprono il calice, la quarta coppa. In mezzo a questi due momenti c'è una cena, quella nel corso della quale Gesù disse “Questo è il mio Corpo” (a significare la rottura della schiavitù dell'uomo all'egoismo e al demonio) e “Questo è il mio Sangue” (a significare la realizzazione di un nuovo esodo per tutta l'umanità). Più tardi – ha continuato Kiko – i cristiani toglieranno la cena e metteranno insieme il pane e il vino [ma che diamine sta dicendo?] . Ora, nel Cammino abbiamo molta gente lontana dalla Chiesa, non catechizzata, e nei segni del pane azzimo (la frazione del pane) e del vino noi diamo visibilità a quei significati”. “Abbiamo scelto di fare la comunione seduti – ha affermato Kiko avvicinandosi al cuore della questione - soprattutto per evitare che si versasse per terra il Sangue di Cristo. La nostra paura era che se si versasse il Vino per terra: se fosse successo per tre volte, saremmo stati denunciati e ce la avrebbero vietata”. Invece, con il fedele seduto, questi ha il tempo – ha spiegato Kiko - di “accogliere il Calice con tutta calma e senza movimenti bruschi, di portarlo alla bocca, di comunicarsi con tranquillità e in modo solenne”. “Seduti come seduto era anche Gesù”, ha specificato Carmen alla sua destra. Dal canto suo padre Mario Pezzi rilevava che la decisione originaria di comunicarsi seduti era stata presa di comune accordo con la Congregazione per il Culto Divino e con il cardinal Mayer, prefetto fra il 1984 e il 1988.
.....
Arguello ha insomma messo in evidenza soprattutto il fatto che il papa avesse dato il suo via libera a quella sorta di compromesso che prevede da un lato la Comunione in piedi, come richiesta dalla Congregazione del Culto Divino, e che dall'altro però esenta il Cammino dalla processione [ma se l'ha chiesta il Papa stesso!], che la lettera di Arinze invece imponeva. “Ora è il papa a dover combattere con Arinze”, esclamava Kiko in conclusione, senza specificare nulla – ancora una volta – riguardo a presunte differenze fra “pane” e “vino”.

lunedì 26 ottobre 2009

Ancora sul Sacerdozio Cattolico



Kiko Argüello, fondatore del Cammino Neocatecumenale
Vogliamo mettere a confronto nell'anno sacerdotale ancora due "visioni" del sacerdozio: quella di mons. Lefebvre che, oltre che col Magistero Perenne, appare decisamente in perfetta sintonia anche con la Sacrosanctum Concilium, e quella di Kiko Arguello, molto dissonante dalla prima. Differenze stridentissime: ai nostri visitatori il compito di trarre qualche riflessione da questo provocatorio thread.

Il Sacerdozio cattolico
Non si può definire il sacerdote senza il sacrificio né il sacrificio senza il sacerdote. Essi sono legati essenzialmente. Il sacerdote è fatto per il sacrificio[10] e non può esserci sacrificio senza sacerdote. Occorre quindi riflettere su cos’è il sacrificio per sapere esattamente cos’è il sacerdote. Il sacrificio è un qualcosa di misterioso, profondo, divino. E’ un tesoro sul quale potete meditare per tutta la vostra vita sacerdotale, senza che sia esaurito al momento della vostra morte. Solo nell’al di là capiremo bene cosa sia questo sacrificio di Nostro Signore che rinnoviamo tutti giorni sull’altare[11]. Già nel Vecchio Testamento, il grande sacerdote entrava ogni anno nel Santo dei santi e, come dice san Paolo (Eb. 9, 7-11), non entrava senza il sangue delle vittime. Questa è un’immagine di ciò che sarebbe stato in futuro il sacrificio di Nostro Signore. Neanche Lui, il Santo per eccellenza, sarebbe entrato nel tabernacolo che non era opera dell’uomo senza il suo sangue prezioso[12]. Ed è quello che fa il sacerdote oggi, riproduce il sacrificio di Nostro Signore facendo discendere sull’altare il suo sangue, il sangue dell’espiazione, della riparazione e della Redenzione. Quanto è più grande, quanto più efficace, quanto più sublime, quanto più divino è il sacrificio che i sacerdoti offrono oggi di quello che un tempo offriva il grande sacerdote una volta l’anno, quando penetrava nel Santo dei santi[13]!
1. Il sacerdozio di Cristo
La definizione forse più bella, più completa del sacerdozio di Cristo si trova nell’epistola di san Paolo agli Ebrei. Tutta la prima parte di essa è destinata a farci conoscere cosa sia il sacrificio di Nostro Signore. E’ davvero meravigliosa. San Paolo è stato certamente ispirato quando scriveva queste pagine. Egli mostra innanzitutto che Gesù è superiore agli angeli (Eb. 1, 4-14 e 2). Poi spiega che Gesù è superiore a Mosè, il maggiore dei profeti (Eb. 3). Mentre Mosé balbettava il Nome di Dio, Gesù è la Parola sostanziale, il Verbo eterno, disceso fino a noi per salvarci. I segreti dei cuori sono messi a nudo ai suoi occhi. Ben superiore quindi a quel che poteva essere Mosè. In terzo luogo, Gesù è incomparabilmente superiore ai grandi sacerdoti dell’antica Legge. Il sacerdozio di Cristo è in effetti il più perfetto che si possa concepire[14] . Donde gli viene queste perfezione? Lo vediamo facilmente considerando la triplice unione del sacerdote con Dio, con la vittima che offre e con il popolo per il quale la offre. Più il sacerdote è unito a Dio e più il suo sacrificio è perfetto; più è unito alla vittima e più ugualmente il suo sacrificio è perfetto. Infine, più è unito al popolo con il quale lo offre e più il suo sacrificio è perfetto. Quindi, più il sacerdote sarà unito a Dio, più il sacerdozio sarà perfetto, poiché il sacerdote deve supplire con la sua santità all’imperfezione dell’adorazione, della riconoscenza, dell’espiazione e della supplica del popolo, come spiega san Tommaso. Più la vittima sarà pura, preziosa ed interamente consumata in onore di Dio, più il sacrificio sarà perfetto. L’olocausto era il più perfetto dei sacrifici della vecchia Legge perché tutta la vittima era consumata in onore di Dio, per significare che l’uomo deve offrirsi a lui interamente. Più il sacerdote e la vittima saranno uniti, più il sacrificio sarà perfetto, poiché l’oblazione e l’immolazione esteriori della vittima non sono che il segno dell’oblazione e dell’immolazione interiori del cuore del sacerdote che compie in tal modo l’atto più grande della virtù di religione. Infine, più il sacerdote ed il popolo saranno uniti, più il sacerdozio sarà perfetto, poiché il sacerdote deve riunire tutte le adorazioni, rendimenti di grazie, preghiere, riparazioni dei fedeli in un’unica elevazione a Dio. E’ sufficiente applicare questi principi al sacerdozio di Nostro Signore per concludere immediatamente che è il maggiore di tutti quelli che si possano concepire. Infatti, Gesù Cristo sacerdote non è soltanto puro da ogni colpa originale e personale, da ogni imperfezione, ma è la Santità stessa. Non è possibile immaginare un sacerdote più unito a Dio. E’ egli stesso Dio grazie alla sua unione ipostatica[15]. Di conseguenza, grazie alla sua unione con Dio, non può che essere il sacerdote più perfetto. Non può esistere un’unione più perfetta tra Nostro Signore, sacerdote, e la sua vittima. La vittima è egli stesso(Ep 5,2) e non si può immaginare una vittima più perfetta di Nostro Signore. Anche qui, Egli è la perfezione assoluta, che supera tutto quanto si possa immaginare. L’unione tra il sacerdote e la vittima non può essere più intima, il legame del sacrificio esteriore e di quello interiore non può essere più stretto, poiché è il sacerdote stesso ad essere vittima[16], non solo nel suo corpo, ma nel suo cuore e nella sua anima. Il suo dolore più intenso è generato dalla sua carità alla vista del male immenso che ha la missione di cancellare. Questa unione tra il sacerdote e la vittima si è manifestata sempre di più nell’ultima Cena, al Calvario e dopo la Resurrezione. L’eucaristia, nel Cenacolo, è l’inizio della Passione; ne è anche la conseguenza. Quindi, il sacerdote e la vittima non possono essere uniti più perfettamente che in Nostro Signore immolato per noi. Infine, neppure l’unione tra il sacerdote ed il popolo fedele può essere maggiore che in Nostro Signore, perché egli è il capo del corpo mistico. Non può esistere un unione più grande che quella che vi è tra le membra ed il capo del corpo mistico perché noi siamo uniti a lui, nel corpo mistico, tramite la partecipazione alla sua grazia. E’ quindi Gesù, in qualche modo esteso al corpo mistico, che offre il sacrificio[17].
2. Il nostro sacerdozio
San Paolo e quindi lo Spirito di Dio, che gli ha dettato queste parole, afferma: “Il sacerdote, che è scelto tra gli uomini, è costituito sacerdote per gli uomini” (Eb. 5,1). Facciamo attenzione a questa prima affermazione, che potrebbe forse giustificare il nuovo orientamento che si vuole dare al sacerdote oggi: un uomo costituito solo per gli uomini. Ma che dice dopo san Paolo? Precisa: “per gli uomini, per ciò che riguarda il culto di Dio” (Eb. 5,1). E’ costituito per gli uomini, senza dubbio, ma nelle cose che sono di Dio, per condurli a Dio. E’ questa la finalità del sacerdozio[18]. San Paolo prosegue: “Affinché offra doni e compia il santo sacrificio per la Redenzione dei peccati” (Eb. 5,1). Ed aggiunge anche: “Poiché è egli stesso soggetto a debolezza, deve compatire ed essere indulgente con coloro che sono nell’errore e nell’ignoranza” (Eb. 5,2). Lì si trova tutto il segreto del sacramento della penitenza. Il sacerdote è quindi costituito per offrire il santo sacrificio e diffondere le grazie del sacrificio, in modo particolare tramite il sacramento della penitenza, per chinarsi su coloro che sono nell’errore e nell’ignoranza. Dato che egli stesso è peccatore, deve offrire il santo sacrificio per i suoi propri peccati e non solo per i peccati del popolo di Dio. Vedete che in poche righe, san Paolo ha riassunto ciò che costituisce l’essenza stessa del sacerdote. Allora, è importante che tutti quelli che sono chiamati a salire all’altare per ricevere un’ordinazione che li prepara ad offrire questi sacri misteri di Nostro Signore Gesù Cristo meditino queste parole di san Paolo. Devono sapere che anche loro sono deboli, e tuttavia Dio li ha scelti. E’ ancora san Paolo a dirlo: “Nessuno si attribuisce da se stesso questo onore; ma ci si è chiamati come Aronne” (Eb. 5,4), come i leviti, per offrire il vero sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo[19]. Quale mistero! Dio che vuole scegliere degli esseri umani per santificare gli uomini, per consacrarli alla continuazione della sua opera di Redenzione affidando loro il suo proprio sacrificio! E’ questo un grande mistero d’amore, di carità verso di noi e tutti quelli che attraverso il sacerdozio, nel corso dei secoli, riceveranno grazie di santificazione. (Mons. Marcel Lefebvre - La sainteté sacerdotale p. 191 e ss.)


IL SACERDOZIO SECONDO KIKO ARGUELLO
Stralcio indicativo dagli “Orientamenti per le equipe di catechisti” da pag. 315…

[…]“Carmen vi ha spiegato come le idee sacrificali, che Israele aveva avuto ed aveva sublimato, si introdussero di nuovo nella Eucarestia cristiana. Forse che Dio ha bisogno del Sangue del Suo Figlio, del suo sacrificio per placarsi? Ma che razza di Dio abbiamo fatto? Siamo arrivati a pensare che Dio placava la sua ira nel sacrificio di Suo Figlio alla maniera degli dèi pagani. Per questo gli atei dicevano: Che tipo di Dio sarà quello che riversa la sua ira contro Suo Figlio nella croce?… E chi poteva rispondere?… Le razionalizzazioni sull’Eucarestia ci avevano condotto a queste deformazioni. Ma le cose non stanno così. Dio, in Cristo, dice San Paolo, stava riconciliando il mondo in noi, non perché Cristo placa Dio in qualche modo, ma perché vuole dimostrare agli uomini che ci ama nonostante il nostro peccato; aveva bisogno di dimostrarci che anche se ammazzavano Suo Figlio continuava ad amarci. Dio stava riconciliando il mondo con sé attraverso Gesù Cristo. E’ il mondo che aveva bisogno di scoprire l’amore di Dio. Questa catechesi non si dà in un giorno e neppure in due. Per questo inizieremo un cammino lungo di anni dove scopriremo e approfondiremo questa meraviglia. Vi assicuro che il rinnovamento del Concilio Vaticano II porterà la Chiesa ad una gloria indescrivibile e riempirà di stupore e ammirazione gli orientali e i protestanti. Tutti insieme ci siederemo sulla pietra angolare, sulla roccia dove non esistono divisioni. Il Concilio è ecumenico.

Ma una volta che questo non è più necessario, [il sacrificio] non bisogna insistervi più. Perché quel momento storico è passato. Perché se metti qualcosa come contrappeso sulla bilancia perché non si sbilanci, una volta che il peso opposto è scomparso, non bisogna conservare il contrappeso perché se no si sbilancia dall’altro lato. Se le cose sono come devono essere, non bisogna insistere.
Lo Spirito Santo ha portato la Chiesa, attraverso i secoli, a rispondere a realtà concrete che le si presentavano. Per esempio: qualcuno può dire perché Dio ha permesso che nell’Eucarestia entrassero l’Introito e l’Offertorio, o tutte queste idee sacrificali? Perché in quel momento storico era necessario. La Chiesa ha dovuto accettare un momento storico molto importante, quello in cui masse senza catechizzazione entrarono nella Chiesa, uomini che non erano ebrei, che venivano dai loto templi dove facevano i loro riti e le loro feste: perché tutti i popoli sono sempre stati religiosi. Che cosa ha dovuto fare la Chiesa con tutta questa gente? Accettare questa realtà e cercare a poco a poco di trasformare questa mentalità pagana in cristiana. E come ha fatto? Cristianizzando le loro feste, i loro riti. Per questa ragione fu necessario che le offerte entrassero nell’Eucarestia, perché questa idea di offrire a Dio non si toglie dalla testa della gente in un giorno. Abbiamo la tentazione di assimilare le cose razionalmente. Questa notte celebreremo una meravigliosa Eucarestia. Rallegratevi, perché la celebreremo come dice il Concilio. Ricordate l’epoca in cui ascoltavate la Messa in latino senza omelia. Io ricordo le Messe che ascoltavo a Madrid nella Chiesa del Buon Successo. Tutto in latino; stavi lì dieci minuti, suonava un campanello e ci inginocchiavamo per la consacrazione; subito dopo suonava un’altra volta il campanello; poi sette minuti ancora e quello vicino a me si faceva il segno della croce, che voleva dire che la messa era finita. Pensate a quell’epoca in cui non avevamo Parola perché era in latino; non c’era omelia, né orazione dei fedeli, né bacio della pace, né anafora in volgare; il pane in forma di carta, nessuno comunicava, il calice lo beveva solo il sacerdote, etc.. Questo lo abbiamo vissuto tutti.
Immaginatevi la cosa meravigliosa che il Concilio presuppone: uomini, diceva Carmen, che hanno dato tutta la loro vita per studiare l’Eucarestia della Chiesa primitiva. Ma accade che il popolo continua a non capire nulla per mancanza di catechesi.
Leggete le vostre risposte al questionario della mattina per vedere quello che pensavate voi della Messa.(Kiko Arguello).

sabato 24 ottobre 2009

E' la nostra Madre che ci custodisce

Salve. Sono un NC in crisi. Faccio parte di una comunità e sono al secondo passaggio. Mi sono trovato bene in Cammino, all'inizio. Ma ultimamente le cose sono cambiate. In particolare da quando mi sono accostato alla lettura del Magistero e soprattutto delle vite dei Santi. Ho cominciato in tal modo ad avvertire numerose 'stonature' con quello che faccio in Cammino. Una spiritualità diversa, che non so descrivere bene in dettaglio, ma che mi porta ad essere più concreto nei miei doveri. In Cammino vedo le cose (sempre le stesse peraltro) più 'fumose'. Si dice sempre che Dio ti ama così come sei, il che è vero ovviamente; ma viene fatto in modo che alla fine si avverte poca necessità di cambiare. Poi durante il secondo scrutinio i catechisti volevano per forza che la mia fidanzata entrasse in Cammino, il che ha scandalizzato parecchi. Il problema per di più che ho con la mia ragazza è che lei vorrebbe venire alle convivenze con me, ma non può per cui avverte il Cammino come qualcosa che ci separa. D'altra parte però sono in Cammino da 7 anni e lì ho tutti i miei amici. Non è facile per me rinunciarvi. Anche perché fuori i miei principi non sono stati mai apprezzati e di fatto i primi amici li ho avuti in comunità. Avevo provato con il Rinnovamento prima, ma si dimostrarono tutti ipocriti e in pratica ero sempre solo. Pregate per me. 21 ottobre, 2009 12:51
Caterina e Mic vi ringrazio. Mi chiamo Davide. Ma qui non si tratta tanto di teorie e precisazioni teologiche, pur importanti. Si tratta di ricostruirmi un mondo che per me al momento coincide col Cammino. Fuori non ho amici né ne ho mai avuti. La sensibilità alle stonature del Cammino l'ho avvertita soprattutto leggendo le vite dei Santi. Più che le teologie sono stati Santa Gemma, don Bosco, San Pio ad affinare la mia sensibilità cattolica. Ma poi questo cardinale, il card. Canizares, ha presieduto l'11 Gennaio una Eucaristia NC, ed ora esce fuori col libro? Tutta questa confusione mi fa soffrire ancora di più. 21 ottobre, 2009 20:19
Cinzia chiamami Davide. Non so perché il sistema mi chiami 'Il', ma non ha significato ;-)
Mic, Cinzia e tutti gli altri, grazie mille per le vostre preghiere.
Ma Cinzia, purtroppo questa grande famiglia di cui parli, non l'ho trovata. Le altre realtà, almeno da me, non stanno meglio del Cammino.
Recentemente si sono azzannati tutti come cani per accaparrarsi dei soldi. Il Banco Alimentare locale è nella bufera a causa di ruberie del cibo destinato ai poveri. A CL si parla solo di politica e se nomini la parola peccato ti guardano storto, se parli di castità ai ragazzi di AC ti ridono addosso perché sono cose 'da vecchiette' (ovviamente sono mie esperienze). Non so dove andare, è questo il punto. D'altra parte ho paura di rimanere solo, perché, ripeto, le mie amicizie sono ormai solo nel Cammino. Inoltre la mia fidanzata vive il Cammino come un elemento di separazione tra noi, e non mi sento capito neanche da lei in questa sofferenza (forse non può non avendola vissuta). La mia compagnia spirituale sono i diari di Santa Gemma e degli altri santi. Ma è chiaro che ho bisogno di qualcosa di più tangibile. Solo che non lo trovo. Sto pregando tanto il Signore di trovare un sacerdote che mi guidi. 21 ottobre, 2009 21:28
Ho raccolto sequenzialmente gli interventi di Davide, che mi hanno molto interpellata nel desiderio di offrirgli concretamente, al di là di qualunque altra considerazione, l’aiuto di cui ha bisogno in questo momento. Vi ho colto alcuni punti fondamentali:
  1. Grande disagio, dicotomia tra realtà vissuta e Realtà cercata e intravista attraverso le sue “letture cattoliche”

  2. senso di isolamento determinato dalla metodologia del cammino, che fagocita l’intera vita delle persone, chiudendo loro gradualmente ogni spiraglio di contatto o di relazione con il mondo esterno; il che è una inequivocabile caratterista settaria e , in quanto tale, già da considerare con sospetto a prescindere dagli insegnamenti che fornisce e dalle prassi cui costringe

  3. paura della solitudine, un po’ presente già nella sua precedente situazione, che gli rende ancor più difficile il distacco dal cammino con la prospettiva di affrontare un ‘deserto’ di relazioni ma anche di approfondimenti di cui egli è assetato, avendo anche trovato nel cammino il coinvolgimento emotivo ed esistenziale che lo fa sentire in una “grande famiglia” di cui ha bisogno. Tuttavia è una famiglia che lo castra e lo rinserra in una identità di gruppo che, quando è all’esterno (tenendo conto che l’esterno coincide con la vita reale e non virtuale), gli rende difficoltoso il suo personale percorso (che è quello di ognuno) nella costruzione della sua identità personale, che rappresenta la identificazione della “somiglianza” con Dio. Infatti tutti siamo creati “a Sua immagine” ma “come somiglianza”, che riceviamo in potenza, ma che si attualizza e si sviluppa attraverso la vita di Fede ed è un processo che dura tutta la vita...

  4. l’incontro con realtà anche ecclesiali dalle quali ha ricevuto messaggi contradditori, destabilizzanti e deludenti, che gli hanno fatto ripercorrere a ritroso il suo tentativo di uscir fuori da una situazione di disagio e non congenialità alla quale resta tuttavia ‘attaccato’ in virtù del coinvolgimento e della dipendenza ‘forti’ che il “sistema camino” inesorabilmente costruisce intorno alla persona, che resta tanto più invischiata quanto più accetta senza vagliarli i comportamenti e i contenuti che vengono inculcati con metodi martellanti e subdolamente manipolatori.

Partirei da quest’ultimo punto, perché è quello che mette in luce la gravità della crisi che la Chiesa sta attraversando: ci sono persone assetate del Signore e di approfondire la Fede, che sono le più esposte ad inganni con tanto di garanzia della Chiesa (vedi celebrazione di Canizares, menzionata con lo stesso dolore e sconcerto con cui l’abbiamo accolta noi, per non parlare della controversa 'approvazione') e che, quando aprono gli occhi, incontrano un diverso tipo di desacralizzazione e di secolarismo penetrato purtroppo in ogni ambito della Chiesa post-conciliare: sembra anzi ormai, tolte alcune oasi di santità e di verità, la sua caratteristica principale. E il “da chi andremo?” si fa tanto più drammatico quanto più il Signore cercato si scopre in realtà Assente proprio lì dove tante aspettative e allusioni promettenti lo facevano avvertire presente.
Concluderei questa analisi tanto amara quanto realistica, con una riflessione da cui partire per raccogliere le idee e le forze da cui ripartire, per non arrendersi e andare avanti, da persone consapevoli di vivere un momento storico terribile, ma nello stesso tempo determinate a non lasciarsene né schiacciare né sviare con l’aiuto del Signore.
Mi ha dato molto da pensare, fra tutte, la frase: A CL si parla solo di politica e se nomini la parola peccato ti guardano storto, se parli di castità ai ragazzi di AC ti ridono addosso perché sono cose 'da vecchiette' (ovviamente sono mie esperienze).
Trovo che c’è schizofrenia nella nostra Chiesa:
- da una parte c’è una realtà (il Cammino NC) che fa della morale il suo stendardo, ma è una morale indossata come un vestito, perché non parte dalla trasformazione di un cuore redento dalla Grazia che vince il peccato proprio grazie all’incontro col Signore della Vita e al suo camminare con Lui nella vita Sacramentale della Chiesa. Parte anzi da una destrutturazione totale della personalità, inculca un senso del peccato buio ed inesorabile di conio calvinista, su cui poi costruisce il suo modello di uomo kikizzato (non ‘cristificato’, badate bene!) non rispettando né i tempi di maturazione, né le modalità, ineludibilmente diverse da persona a persona, della quale invece viene annullato ogni senso di responsabilità; il che è grave, perché “responsabilità” coincide con la “risposta” personale, unica, insostituibile che ognuno di noi deve al Signore che lo ha “chiamato” alla vita e non è tenuto a delegarla a nessun cammino di fede che – abbiamo visto a proposito di quello NC – si sostituisce al Signore…
- dall’altra parte, chi ha in sé, come Davide, il rigore e la serietà della sua risposta e vorrebbe essere aiutato a vivere la sua responsabilità, trova chi anziché avere la visione distorta, protestante del peccato, lo ha proprio espunto dal suo orizzonte, in piena visuale secolarista penetrata nella Chiesa col modernismo e irride il bisogno di dare alla propria vita il senso etico che il cristianesimo, che pure NON E’ un’etica ma è la sequela di una Persona, dona proprio nella connaturalità col bene che il rapporto col Signore nella Sua Chiesa man mano sviluppa nella persona...
Ognuno di noi sta custodendo gelosamente in sé queste cose che ha scoperto e ricevuto dalla Chiesa e vive nella Chiesa nonostante il limite incontrato ad ogni passo, ma forte del fatto che questo limite può essere superato dall’Eucaristia vissuta come Sacrificio di Cristo in cui è inserita la nostra personale offerta e tutti i doni necessari per la nostra Redenzione continua, insieme alla preghiera e alla dimestichezza con la S. Scrittura, specialmente i Salmi che contengono in misura amplissima tutti i moti i bisogni le necessità i gridi la lode la gratitudine l’attesa la speranza lo sconforto presenti nell’anima di ogni uomo di ogni tempo.
Capisco che a Davide manchi la concretezza dell’ambito in cui condividere tutto questo nella vita quotidiana. Indubbiamente questa il cammino te la dà a piene mani, ma poi ti porta da tutt’altra parte… E, d’altronde, questa concretezza di un quotidiano redento condivisibile è proprio la mancanza più grande di questo nostro tempo davvero difficile e pieno di prove tremende a tutti i livelli e in tutti gli ambiti. Ma in questo la nostra Fede ci fa sentire certi di non essere soli, il Signore Risorto è con noi, è in mezzo a noi fino alla fine dei tempi, la sua Madre, ai piedi della Croce, ci ha accolti nel Suo cuore straziato di Madre, consegnati dal Cuore straziato del Figlio, sarà lei a condurre i nostri passi e a custodire noi, Davide e tutti coloro che soffrono di questa confusione e disorientamento grandi...

La Madonna di Fatima “Dio vuole introdurre la devozione al mio Cuore Immacolato”


L’entusiasmo che constatiamo nel mondo intero per la nostra crociata del rosario ci riempie di consolazione e ci incita a ritornare ancora una volta su questo soggetto con voi.
Se sollecitiamo il Cielo con questa moltitudine di Ave Maria è sicuramente perché l’ora è grave. Abbiamo la certezza della vittoria della Madonna poiché ella stessa lo ha promesso, ma gli eventi che si sono succeduti da circa un secolo, da quando questo trionfo è stato annunciato a Fatima, ci obbligano a supporre che altri mali potrebbero ancora colpire l’umanità prima di questa vittoria.

Eppure il messaggio dato a Fatima dalla Madre di Dio era molto semplice: se il mondo non si convertirà sarà castigato: “ci sarà una seconda guerra, più terribile della prima”. Il mondo non si è convertito e la risposta di Dio non si e fatta attendere a lungo. Dalla seconda guerra mondiale il mondo non si è ancora convertito. Se si pensa che la Russia si è convertita, bisognerebbe allora spiegarci in che cosa essa si è convertita, e a chi... al liberalismo economico?

Dopo quasi cent’anni, costatiamo che il mondo non è certamente divenuto migliore, al contrario. La guerra di coloro che non hanno la fede continua in maniera più aspra, ma ha preso un aspetto del tutto inatteso: la demolizione prosegue in particolare grazie ad una sovversione, un’infiltrazione interna alla Chiesa. La Santa Chiesa, nostra Madre, si sta trasformando in un ammasso di rovine spirituali, mentre la facciata esterna ancora si mantiene più o meno bene, ingannando cosi la moltitudine sul suo stato reale. Siamo obbligati a constatare che questa sovversione ha trovato una efficacia accresciuta e insperata in occasione del Concilio Vaticano II non c´è bisogno di fare alta teologia, questo è un fatto storico.

Quale parte di responsabilità bisogna attribuire al Concilio stesso?, È una domanda difficile, ma è evidente che questo Concilio non è restato senza effetto e le sue conseguenze sono evidentemente disastrose. A causa sua si è realizzato un accordo con il mondo. “Anche noi più di ogni altro, abbiamo il culto dell’uomo”, diceva Paolo VI, in occasione della chiusura del Concilio. L’orientamento antropocentrico del Vaticano II è stata sottolineato a sazietà da Giovanni Paolo II. Ora questo orientamento è totalmente estraneo alla Chiesa di Dio, soprannaturale nella sua essenza; questa ha ricevuto da Nostro Signore Gesù Cristo non soltanto la sua costituzione, i suoi mezzi, ma anche e soprattutto il suo fine, che non è nient’altro che la continuazione della missione redentrice e di salvezza delle anime di Gesù stesso: “Andate nel mondo intero, proclamate il Vangelo a tutta la creazione. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, chi non crederà sarà condannato”. (Mc 16,15)
Adesso, ed è questo il dramma, alla sua missione divina è sostituita una missione tutta umana. Questo è un grande mistero che lascia stupefatti. La salvezza è passata in secondo piano per non dir peggio.

Pochi uomini, molto pochi purtroppo, comprendono che la terribile crisi della Chiesa dal Concilio Vaticano II è una punizione più terribile di tutte le altre, poiché questa volta la catastrofe è spirituale; ciò che è ferito, ciò che è ucciso senza rumore e in un’indifferenza peggiore della morte, sono le anime. La perdita della grazie in un’anima è la catastrofe più terribile che possa capitare, ma non fa rumore sensibile, non si percepisce. E la voce delle sentinelle ha taciuto. L’appello alla conversione, alla penitenza, alla fuga del peccato, delle tentazioni e del mondo, ha ceduto il posto ad una compiacenza o almeno ad una simpatia verso il mondo. C´è una vera volontà di fare la pace con il mondo moderno.

La missione di salvezza ha ceduto il passo ad una nuova sorta di missione umanitaria; si tratta di aiutare gli uomini di tutte le condizioni, di tutte le religioni a vivere bene e insieme sulla terra.

Non c’è alcun dubbio: tutto ciò che riguarda il messaggio della Madonna a Fatima, ciò che è chiamato il segreto di Fatima, non è un argomento chiuso Sicuramente quello che viviamo è necessariamente iscritto in quell’insieme di eventi che terminerà alla fine con il trionfo di Maria. Come questo avverrà? Come lo vedremo? Sappiamo in ogni caso che ciò avverrà attraverso la conversione della Russia, secondo le parole stesse della Madonna.

Nel 1917 a Roma gli empi celebravano i 200 anni della massoneria e i 400 anni del protestantesimo, con delle sfilate particolarmente virulente contro la Santa Sede. I manifestanti vociferavano e proclamavano il regno di Satana sul Vaticano ed il Sommo Pontefice.

Ancora seminarista, Massimiliano Kolbe assisteva a questi dolorosi eventi e diceva: “Quest’odio mortale contro la Chiesa di Gesù Cristo e contro il suo Vicario non è una semplice ragazzata di individui disturbati, ma un’azione sistematica che viene dal principio della massoneria: “distruggete ogni religione qualunque essa sia, soprattutto la religione cattolica”. [Pisma Ojca Maksymiliana Marii Kolbego franciszkanina, Niepokalanow, maszynopsis, 1970]. (…) “È possibile che i nostri nemici debbano dispiegare tanta attività, fino ad avere la superiorità, mentre noi restiamo senza far niente, tutt’al più applicati a pregare, senza metterci all’opera? Non abbiamo forse delle armi più potenti, la protezione del Cielo della Vergine Immacolata? L´Immacolata, vittoriosa e trionfatrice su tutte le eresie, non cederà il posto al nemico che rialza la testa, se troverà dei servitori fedeli e docili ai suoi ordini: riporterà nuove vittorie più grandi di tutto quello che si può immaginare.
Dobbiamo divenire strumenti docili tra le sue mani, impiegando tutti i mezzi leciti, introducendoci dappertutto con la parola, la diffusione della stampa mariana e della medaglia miracolosa, valorizzando la nostra azione con la preghiera e con il buon esempio.” [Testimonianza del P. Pignalberi riportata nel processo di beatificazione].

Egli fondò la Milizia dell’Immacolata soltanto qualche giorno dopo l´apparizione del 13 ottobre della Madonna a Fatima, quando si verificò il grande miracolo del sole. Sarà infatti il 16 ottobre che, con sei compagni di seminario, si consacrerà al Cuore Immacolato di Maria per ricondurre a Dio il mondo intero, per mezzo dell’Immacolata.

Quando si considera il legame fra il messaggio di Fatima e la risposta del francescano polacco, non si può che essere impressionati, leggendo il suo atto di consacrazione: “Degnate ricevere come lode, oh Vergine benedetta, Immacolata Concezione, Regina del Cielo e della terra, Rifugio dei peccatori e Madre amantissima cui Dio ha voluto affidare tutto l’ordine della misericordia, eccomi ai vostri piedi, io, povero peccatore. Vi supplico, accettate tutto intero il mio essere come vostro bene e vostra proprietà; agite in me secondo la vostra volontà, nella mia anima e nel mio corpo, nella mia vita, nella mia morte e nella mia eternità. Prima di tutto disponete di me come lo desiderate, perché si realizzi infine ciò che è detto di voi: “La Donna schiaccerà la testa del serpente” ed anche “Voi sola vincerete le eresie nel mondo intero”. Fate che possa divenire, nelle vostre mani purissime, così ricche di misericordia, uno strumento del vostro amore, capace di rianimare e di far sbocciare pienamente tante anime tiepide o smarrite. Così si estenderà senza fine il regno del Cuore Divino di Gesù. Davvero la vostra sola presenza attira le grazie che convertono e santificano le anime, poiché la grazia sgorga dal Cuore divino di Gesù su di noi, passando attraverso le vostre mani materne”. [Scritti di Massimiliano Kolbe, Nuova edizione volume unico ENMI Roma, 1997]

Con questo spirito, cari fedeli, noi abbiamo lanciato questa crociata del rosario. Ma la preghiera non ne è che una parte: non dimentichiamo gli altri due elementi che sono anch’essi molto importanti: la penitenza e la devozione al Cuore Immacolato di Maria. Vogliamo riparare con la mortificazione le ingiurie fatte a Maria; vogliamo, in unione con il suo Cuore doloroso, associarci il più strettamente possibile al Sacrificio della Croce di Nostro Signore, poiché è in esso che si realizza la nostra salvezza. Siamo così al cuore del messaggio di Fatima: “Dio vuole introdurre la devozione al mio Cuore Immacolato”. Forse non si insiste abbastanza su quest’ultimo aspetto, che a noi sembra ancora più importante della consacrazione della Russia, e che è la seconda condizione indicata da Maria al Papa per il suo trionfo: consacrare la Russia E promuovere la devozione al suo Cuore Immacolato.

In questo mese di ottobre comincia una nuova fase delle nostre relazioni con il Vaticano, quella delle discussione dottrinali. La posta in gioco è molto alta e le raccomandiamo alle vostre preghiere. Anche questo fa parte, senza alcun dubbio, della nostra crociata, ed è evidente che questa intenzione è inclusa nel trionfo del Cuore Immacolato di Maria che noi tutti desideriamo. Ciò sorpassa completamente le nostre forze e sarebbe follia pura e semplice lanciarci in una tale impresa, se essa non fosse sostenuta dai mezzi soprannaturali che sono la preghiera e la penitenza.

Non vogliamo terminare questa lettera senza ringraziarvi per i vostri sforzi generosi che permettono alla nostra opera di svilupparsi dappertutto nel mondo. C’è però qualcosa che ci rallenta: la messe è abbondante ma mancano gli operai per la raccolta. Già Nostro Signore lo diceva e indicava il rimedio: pregate per le vocazioni. Come vorremmo venire in aiuto di tutti i fedeli, molti dei quali hanno la S. Messa una sola volta al mese o soltanto la domenica, non potendo così beneficiare di tutto il sostegno sacerdotale normale... Comunque il Signore ci ha fatto la grazia quest’anno di 27 nuovi sacerdoti; e aspettiamo per l’anno prossimo un numero un po’ più elevato. Ma ciò non è sufficiente, tanto la richiesta è grande nel mondo intero.

Siate tutti ringraziati profondamente per i vostri sforzi. Che Dio ve li renda in grazie e benedizioni abbondanti che noi invochiamo con tutto il cuore su voi, sulle vostre famiglie e i vostri figli. Che la Madonna del Rosario, il Cuore Immacolato di Maria vi protegga.

Festa della Maternità divina di Maria, 11 Ottobre 2009.

+ Bernard Fellay
Superiore Generale della Fraternità sacerdotale San Pio X

venerdì 23 ottobre 2009

Divino Sacrificio, "multiformità nell'unità" e Sacralità delle "Icone"


Se mi permettete, volevo riprendere, compendiare i discorsi che avete fatto cercando per noi tutti un "riferimento sicuro" attorno al quale ognuno di noi dovrebbe "cedere il passo". Un riferimento che costituisce il termine di paragone e di autenticità delle nostre posizioni. Quanto esse più si avvicinano o si eguagliano con questo termine di paragone, quanto più esse non corrispondono alla nostra opinione personale. Tale termine di paragone è la Sacra Dottrina. La Tradizione. I tre fatti elencati nel titolo dell'articolo vengono ben chiariti dalla dottrina. Ma andiamo per ordine:

Dal Compendio del Catechismo (decretato da Benedetto XVI):

218. Che cos'è la liturgia?

1066-1070
La liturgia è la celebrazione del Mistero di Cristo e in particolare del suo Mistero pasquale. In essa, mediante l'esercizio dell'ufficio sacerdotale di Gesù Cristo, con segni si manifesta e si realizza la santificazione degli uomini e viene esercitato dal Corpo mistico di Cristo, cioè dal capo e dalle membra, il culto pubblico dovuto a Dio.

219. Che posto occupa la liturgia nella vita della Chiesa?

1071-1075
La liturgia, azione sacra per eccellenza, costituisce il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e insieme la fonte da cui promana la sua forza vitale. Attraverso la liturgia, Cristo continua nella sua Chiesa, con essa e per mezzo di essa, l'opera della nostra redenzione.

224. Che cosa sono i Sacramenti e quali sono?

1113-1131
I Sacramenti sono segni sensibili ed efficaci della grazia, istituiti da Cristo e affidati alla Chiesa, attraverso i quali ci viene elargita la vita divina. Sono sette: il Battesimo, la Confermazione, l'Eucaristia, la Penitenza, l'Unzione degli infermi, l'Ordine e il Matrimonio.

225. Qual è il rapporto dei Sacramenti con Cristo?

1114-1116
I misteri della vita di Cristo costituiscono il fondamento di ciò che adesso Cristo, mediante i ministri della Chiesa, dispensa nei Sacramenti.

228. Qual è la relazione dei Sacramenti con la fede?

1122-1126
1133
I Sacramenti non solo suppongono la fede, ma con le parole e con gli elementi rituali la nutrono, la irrobustiscono e la esprimono. Celebrando i Sacramenti, la Chiesa confessa la fede apostolica. Da qui viene l'antico detto: «Lex orandi, lex credendi», cioè la Chiesa crede come prega.

235. In che modo la Chiesa in terra celebra la liturgia?

1140-1144
1188
La Chiesa in terra celebra la liturgia come popolo sacerdotale, nel quale ciascuno opera secondo la propria funzione, nell'unità dello Spirito Santo: i battezzati si offrono in sacrificio spirituale; i ministri ordinati celebrano secondo l'Ordine ricevuto per il servizio di tutti i membri della Chiesa; i Vescovi e i presbiteri operano nella persona di Cristo Capo.

238. Quale legame esiste tra le azioni e le parole nella celebrazione sacramentale?

1153-1155
1190
Nella celebrazione sacramentale azioni e parole sono strettamente congiunte. Infatti, anche se le azioni simboliche già per se stesse sono un linguaggio, è tuttavia necessario che le parole del rito accompagnino e vivifichino queste azioni. Inseparabili in quanto segni e insegnamento, le parole e le azioni liturgiche lo sono anche in quanto realizzano ciò che significano.

240. Qual è la finalità delle sacre immagini?

1159-1161
1192
L'immagine di Cristo è l'icona liturgica per eccellenza. Le altre, che rappresentano la Madonna e i Santi, significano Cristo, che in loro è glorificato. Esse proclamano lo stesso messaggio evangelico che la Sacra Scrittura trasmette attraverso la parola, e aiutano a risvegliare e a nutrire la fede dei credenti.

244. La Chiesa ha bisogno di luoghi per celebrare la liturgia?

1197-1198
Il culto «in spirito e verità» (Gv 4,24) della Nuova Alleanza non è legato ad alcun luogo esclusivo, perché Cristo è il vero tempio di Dio, per mezzo del quale anche i cristiani e la Chiesa intera diventano, sotto l'azione dello Spirito Santo, templi del Dio vivente. Tuttavia il Popolo di Dio, nella sua condizione terrena, ha bisogno di luoghi in cui la comunità possa riunirsi per celebrare la liturgia.

245. Che cosa sono gli edifici sacri?

1198-1999
Essi sono le case di Dio, simbolo della Chiesa che vive in quel luogo, nonché della dimora celeste. Sono luoghi di preghiera, nei quali la Chiesa celebra soprattutto l'Eucaristia e adora Cristo realmente presente nel tabernacolo.

246. Quali sono i luoghi privilegiati all'interno degli edifici sacri?

1182-1186
Essi sono: l'altare, il tabernacolo, la custodia del sacro crisma e degli altri oli sacri, la sede del Vescovo (cattedra) o del presbitero, l'ambone, il fonte battesimale, il confessionale.

DIVERSITÀ LITURGICA E UNITÀ DEL MISTERO

247. Perché l'unico Mistero di Cristo è celebrato dalla Chiesa secondo diverse tradizioni liturgiche?

1200-1204
1207-1209
Perché l'insondabile ricchezza del Mistero di Cristo non può essere esaurita da una singola tradizione liturgica. Fin dalle origini, pertanto, questa ricchezza ha trovato, nei vari popoli e culture, espressioni caratterizzate da una mirabile varietà e complementarietà.

248. Qual è il criterio, che assicura l'unità nella multiformità?

1209
È la fedeltà alla Tradizione Apostolica, cioè la comunione nella fede e nei sacramenti ricevuti dagli Apostoli, comunione che è significata e garantita dalla successione apostolica. La Chiesa è cattolica: può quindi integrare nella sua unità tutte le vere ricchezze delle culture.

280. In che senso l'Eucaristia è memoriale del sacrificio di Cristo?

1362-1367
L'Eucaristia è memoriale nel senso che rende presente e attuale il sacrificio che Cristo ha offerto al Padre, una volta per tutte, sulla Croce in favore dell'umanità.Il carattere sacrificale dell'Eucaristia si manifesta nelle parole stesse dell'istituzione: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi» e «Questo calice è la nuova alleanza nel mio Sangue, che viene versato per voi» (Lc 22,19-20). Il sacrificio della Croce e il sacrificio dell'Eucaristia sono un unico sacrificio. Identici sono la vittima e l'offerente, diverso è soltanto il modo di offrirsi: cruento sulla Croce, incruento nell'Eucaristia.

281. In quale modo la Chiesa partecipa al sacrificio eucaristico?

1368-1372
1414
Nell'Eucaristia, il sacrificio di Cristo diviene pure il sacrificio delle membra del suo Corpo. La vita dei fedeli, la loro lode, la loro sofferenza, la loro preghiera, il loro lavoro sono uniti a quelli di Cristo. In quanto sacrificio, l'Eucaristia viene anche offerta per tutti i fedeli vivi e defunti, in riparazione dei peccati di tutti gli uomini e per ottenere da Dio benefici spirituali e temporali. Anche la Chiesa del cielo è unita nell'offerta di Cristo.

286. Quale tipo di culto è dovuto al Sacramento dell'Eucaristia?

1378-1381
1418
È dovuto il culto di latria, cioè di adorazione, riservato solo a Dio sia durante la celebrazione eucaristica sia al di fuori di essa. La Chiesa, infatti, conserva con la massima diligenza le Ostie consacrate, le porta agli infermi e ad altre persone impossibilitate a partecipare alla Santa Messa, le presenta alla solenne adorazione dei fedeli, le porta in processione e invita alla frequente visita e adorazione del Santissimo Sacramento conservato nel tabernacolo.

287. Perché l'Eucaristia è il banchetto pasquale?

1382-1384
1391-1396
L'Eucaristia è il banchetto pasquale, in quanto Cristo, realizzando sacramentalmente la sua Pasqua, ci dona il suo Corpo e il suo Sangue, offerti come cibo e bevanda, e ci unisce a sé e tra di noi nel suo sacrificio.

Dalla Sacrosanctum Concilium

L'ordinamento liturgico compete alla gerarchia 22.
1. Regolare la sacra liturgia compete unicamente all'autorità della Chiesa, la quale risiede nella Sede apostolica e, a norma del diritto, nel vescovo.

2. In base ai poteri concessi dal diritto, regolare la liturgia spetta, entro limiti determinati, anche alle competenti assemblee episcopali territoriali di vario genere legittimamente costituite.

3. Di conseguenza assolutamente nessun altro, anche se sacerdote, osi, di sua iniziativa, aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica.

Potremo ritrovare il numero 3 di questa citazione della SC, nella lettera di Arinze.

giovedì 22 ottobre 2009

Ci scrivono sulla Trinità rivisitata da Kiko Arguello


Riproduco, di seguito, una mail ricevuta ieri:
salve, ho letto l'articolo a proprosito della Trinità di Kiko Arguello e devo dire di averla trovata ridicola. Avevo sentito che qualche poveretto riteneva che il suddetto, nelle sue icone, riproducesse in realtà i tre iniziatori del movimento, ma pensavo sinceramente che fossero solo balle: non potevano esserci davvero persone così "fantasiose". Anch'io, pur essendo neocatecumenale, critico la versione di Kiko della Trinità, in quanto falsa completamente il capolavoro di Rublev ma voglio precisare che è una cazzata gigante la storia che i tre del dipinto sarebbero Kiko, Carmen e padre Mario.
Saluti!
E allora, parliamone. Ripubblico quindi l'icona e riproduco quanto già osservato sul sito che, ben lungi dall'essere "fantasioso", rappresenta una critica sensata e anche obiettiva per chi ha occhi per vedere.
L'immagine ci appare blasfema o quanto meno sta a dimostrare che, se la Chiesa di Cristo è fondata sulla SS Trinità, quella di Kiko è davvero una costruzione solo umana fondata su tre persone distinte (non uguali). E non possiamo fare a meno di sottolineare la eccessiva disinvoltura - che diventa dissacrazione -, con cui Kiko ha sfigurato la stupenda opera di Rublëv, mettendo al posto dei santi Angeli che rappresentano le tre Persone divine, le figure dei tre responsabili ai vertici del cammino, ignorando e cancellando anche il resto dello stupendo simbolismo di Rublëv.(Cliccando qui potrete vederla ingrandita per notare meglio i dettagli). In effetti essa risale a molti anni fa: il volto dell'Angelo di destra con le sembianze di p. Mario Pezzi è inequivocabile, quello di sinistra dal volto femminile non può che ritrarre una Carmen all'epoca molto più giovane, l'angelo di centro è somigliantissimo a quelli delle icone che rappresentano il Cristo, ma in realtà riproducono l'effige di Kiko riconoscibilissima.

Cosa rilevata non solo da noi ma, indipendentemente da noi, anche da Francesco Colafemmina, che così scrive sul suo blog Fides et forma a proposito delle icone che inseriamo a lato: Osservando infatti le numerose icone o affreschi di Kiko Arguello non può non risaltare lo scostamento notevole dallo stile classico delle icone russe cui egli stesso dice di riferirsi. In particolare la curvatura dell'arcata sopraccigliare, nonchè la deformazione del volto (non oblungo secondo lo stile "arabo" dell'icona classica bizantina) e le gote non tonde bensì rientranti, quasi emaciate e cosparse di una insolita barbetta. Bene, tutto ciò non può non ricordarci i tratti somatici dello stesso Arguello che, dunque, non esita a identificare "artisticamente" la sua immagine con quella di Cristo.
Nella migliore delle ipotesi le somiglianze stigmatizzate denotano un pessimo gusto, ma ciò che maggiormente colpisce e lascia assai perplessi, è la scritta in alto ad opera dell'autore dell'icona, che così recita: "DIO = COMUNITÀ, LITURGIA, PAROLA". La scritta è inequivocabilmente blasfema, perché riduce la Trinità (dogma cardine del nostro Credo) al cosiddetto "tripode" su cui si fonda il cammino neocatecumenale (appunto: comunità, liturgia, parola). Blasfema in sé la scritta perché riduce e sfigura la grandezza e il mistero del dogma delle tre Persone unite e distinte ai tre momenti della metodologia del Cammino, fra i quali spicca il concetto di comunità, intendendo forse - meminisse horret - che laddove manca la comunità (quella neocatecumenale ovviamente), manca anche la Trinità?
Quanto sia fuorviante questo messaggio subliminale blandito attraverso l'icona è presto detto ed evidente anche ai più sprovveduti: com'è possibile confondere (volutamente) la sostanza della Trinità (Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo) con i tre canoni di una prassi di derivazione umana? Per non parlare delle tre persone dei responsabili del Cammino riprodotte nell'immagine sacra!
Sappiamo però bene che dall'equivoco voluto nasce il fraintendimento e si istilla nelle menti dei piccoli e dei semplici quello che evidentemente vorrebbe essere uno dei nuovi dogmi (tra i tanti) di derivazione NC. Per noi queste cose, come tante altre già richiamate, parlano da sole e andrebbero stigmatizzate con vigore e non passate sotto silenzio da noi cristiani comuni mentre sono idolatrate dai cosiddetti cristiani di serie A appartenenti al cammino NC.

martedì 20 ottobre 2009

Tornano gli Anglicani (alcuni). Istituiti per loro Ordinariati Personali

Carissimi,
Oggi si è verificato un evento molto importante nella storia della Chiesa: Benedetto XVI ha deciso l'istituzione di "Ordinariati Personali" per accogliere pastori e fedeli provenienti dalla Comunione Anglicana. Tali ordinariati, precisa la Congregazione della Dottrina della Fede, "saranno istituiti, secondo le necessità", previa consultazione con le Conferenze Episcopali locali, e le loro strutture saranno in qualche modo simili a quelle degli Ordinariati Militari, che sono stati eretti in tanti paesi per provvedere alla cura pastorale dei membri delle forze armate e dei loro dipendenti nel mondo intero. Secondo il prefetto della Dottrina della Fede, Joseph William Levada, '"gli Ordinariati Personali istituiti secondo la suddetta Costituzione Apostolica possono essere visti come un ulteriore passo verso la realizzazione dell'aspirazione per la piena e visibile unione nella unica Chiesa, che è uno dei fini principali del movimento ecumenico".
Ebbene era scontato, conoscendo la realtà neocatecumenale, che l'evento sarebbe stato strumentalizzato per inserire il Cammino tra le "diversità" in comunione nella Chiesa. Ed è questo che qualcuno si è affrettato a sostenere sul blog Messainlatino.

Di seguito la mia risposta, preceduta dall'affermazione: ... "unità nella diversità"... In parte già oggi si verifica tra "neocatecumenali", "opusdei", "carismatici", "seguaci della FSPX" [buon per noi che ce li ha generosamente inclusi], "ortodossi uniati", ecc...
Non si possono mettere i neocatecumenali insieme ad altre realtà acclesiali sullo stesso piano. Essi sono "altri" anche se nessuno sembra volerlo riconoscere: un conto è la diversità, che porta ricchezza, un conto è "alterità", che porta divisione. La loro identità non è né di Movimento né di Associazione, come invece dovrebbe [vedi]

domenica 18 ottobre 2009

In che senso la FSSPX "deve" accettare il Vaticano II?


"Sono contento, anche se non mi aspetto risultati immediati, penso che in tempi saranno lunghi": lo afferma il Cardinale francese Roger Etchegaray, Vice Decano del Collegio Cardinalizio e Presidente Emerito del Pontificio Consiglio per Giustizia e Pace. Eminenza, il ventisei ottobre iniziano a Roma i dialogi per cercare la faticosa unità con i tradizionalisti. Si ritiene fiducioso?: " credo che la Santa Sede abbia fatto molto bene ad accettare questo tavolo di negoziato. La via del dialogo non ha mai danneggiato nessuno e penso che vada sempre seguita. Si deve fare di tutto, senza rinnegare nulla, per arrivare alla piena unità con i fratelli tradizionalisti". Pensa che sia un negoziato facile?: " i nodi sul tappeto, come lei sa, sono dogmatici e quindi non semplici. Io mi auguro che lo Spirito Santo illumini tutti, ma sui tempi non posso pronunciarmi. Realisticamente, vista la storia precedente, penso che non sarà cosa facile e tanto meno agevole. Mi raffiguro tempi lunghi e non brevi, ma se esiste la volontà reale di superare le difficoltà, tutto diventa possibile. Speriamo bene". E se i tradizionalisti continuano a non accettare il Vaticano II?: " penso che l'accettazione del Vaticano II sia fondamentale e condizione preliminare. Non è possibile considerarsi in piena comunione con Roma rifiutando il Vaticano II. Certo, ognuno lo legge come crede, ma una cosa è la esegesi, altra il rifiuto. Anche il Vaticano II fa parte del magistero della Chiesa che ha seguito la sua marcia non fermandosi nel tempo". E se non lo accettano?: " lo ripeto: ci vogliono gesti concreti di buona volontà da entrambe le parti. Senza l'accettazione piena del Vaticano II oggi un cattolico non può considerarsi buon cattolico e non è in piena comunione con il Successore di Pietro. Questo sia ben chiaro". Lei ha vissuto gli anni del Concilio: " e guardo a quella esperienza con grande rispetto ed ammirazione. Fu un momento di grazia per tutta la Chiesa cattolica, una stagione che io ho vissuto,come tanti altri padri, con gioia ed entusiasmo. Ecco perchè dico che il Vaticano II va accettato senza riserve, senza se e ma". Il futuro Giovanni Paolo II partecipò al Vaticano II, lei lo ha conosciuto bene, che idea se ne è fatta?: " guardi lo ho sempre ammirato. Lui è stato veramente l'uomo del dialogo, disposto a cercare la discussione e il confronto leale con tutti, fermo nella fede, ma sensibile alle altrui ragioni.". Lei ha viaggiato spesso con lui: " ed ho apprezzato la concretezza con la quale affrontava i problemi. Ma lui era anche un grande uomo di preghiera. Spesso ho notato durante i viaggi in aereo che non era per nulla interessato al paesaggio esteriore,ma si dedicava alla meditazione e alla preghiera. Si estraniava e recitava il rosario che sempre stringeva in mano". Lei lo ha spesso definito l'uomo del dialogo: " e lo era. Come poco fa le ho detto, sapeva ascoltare tutti, indipendentemente dalla razza o dalla religione con grande tolleranza e sensibilità. Poi era profondamente interessato alla persona, alle sue esigenze, un uomo grande e santo, evangelicamente santo".
Fonte- http://www.pontifex.roma.it/index.php/interviste/religiosi/2971-i-tradizionalisti-devono-accettare-il-vaticano-ii-cc

Riguardo ai tempi futuri Pio XII disse, (in riferimento al Messaggio di Fatima profetizzò):
“Sono preoccupato per il messaggio che ha dato la Beata Vergine a Lucia di Fatima. Questo insistere da parte di Maria, sui pericoli che minacciano la Chiesa, è un avvertimento divino contro il suicidio di alterare la fede, nella Sua Liturgia, la sua Teologia e la Sua anima… Sento tutt’intorno a me questi innovatori che desiderano smantellare la Sacra Cappella, distruggere la fiamma universale della Chiesa, rigettare i suoi ornamenti e farla sentire in colpa per il Suo passato. Verrà un giorno in cui il mondo civilizzato negherà il proprio Dio, quando la Chiesa dubiterà come dubitò Pietro. Sarà allora tentata di credere che l’uomo è diventato Dio. Nelle nostre chiese, i Cristiani cercheranno invano la lampada rossa dove Dio li aspetta. Come Maria Maddalena, in lacrime dinanzi alla tomba vuota, si chiederanno: Dove lo anno portato? ”
Infatti con l’avvento del Concilio Vaticano II questa profezia si è avverata, soprattutto per quanto riguarda la liturgia Eucaristica: codesti nemici, di cui parlava Pio XII : “Sento tutt’intorno a me questi innovatori...”, ( in effetti per quanto riguarda il Concilio Vaticano II, molti di questi personaggi erano stati fermati da Pio XII, per le loro posizioni dottrinarie contrarie alla vera Dottrina Cattolica, per poi essere incredibilmente riabilitati da Giovanni XXIII e costoro sono Padre Karl Rahaner, Hans Urs von Balthasar, Yves Congar, Hans Kùng, Padre Shillebeeckx, Domunique Chenu, l’Arcivescovo Bugnini Annibale, progressista, che fu uno dei principali artefici della rivoluzione della liturgia culminata nella nuova Messa “Novus Ordo”. Quest’ultimo fu alla fine esiliato in Iran dal Vaticano perché Paolo VI ricevette prove inconfutabili che dimostravano l’appartenenza di Bugnini alla Massoneria. [Michael Davies dedica un intero capitolo all’Arcivescovo Bugnini nel suo “Pope Paul’s New Mass” - Angelus Press, Kansas City, 1992, cap. 24]. Il Cardinale Jean Villot, che di fatto ideò e portò a termine la ristrutturazione della Curia Romana: se si cerca nei registri dei Massoni, richiesto dalla legge Italiana, si può leggere benissimo tra i vari nomi quello di Jean Villot. Lo stesso Villot che operò la ristrutturazione della Curia! Dopo la morte del Cardinal Villot, fu trovato nella sua biblioteca privata un messaggio scritto dal Gran Maestro della sua Loggia di appartenenza, il quale lo lodava per aver sostenuto le tradizioni massoniche. Inoltre Padre Pedro Farnes, Don Bernard Botte, Odo Casel, Louis Bouyer, Paul Ricoeur, Carl Barth, ecc…) ebbene, tutti costoro vengono chiaramente nominati ad ampiamente lodati da Kiko e Carmen nelle catechesi del Cammino Neocatecumenale, e penetrarono in ogni angolo della Santa Sede infestando con le loro deviate dottrine milioni di persone.

Cruccas Gianluca

giovedì 15 ottobre 2009

Un accenno della mia esperienza nel Cammino

L'immagine parla di Tripode. Se pensiamo poi che, nel corso degli anni, il tripode è raffigurato anche nelle persone dei tre responsabili del cammino, in luogo delle persone della Trinità, come nell'immagine più in basso, forse qualche inquietudine dovrà pur cogliere chi non è indifferente a quel che accade nella Chiesa di Cristo!

Confesso un macigno emotivo che ostacola ancora l’esposizione di quanto mi accadde durante il biennio 1995-1996. Solo qualche impressione: la questione è complessa.
Nell’ottobre del 1994 partecipai al ciclo di catechesi preliminari, organizzate dal Cammino Neocatecumenale (da ora CNC) prima dell’accesso al pre-catecumenato (Parrocchia San Lorenzo di Trieste). Al termine delle catechesi accettai di entrare nella nuova comunità che si andava formando e, di fatto, iniziai il pre-catecumenato. Ero a digiuno di qualsiasi riferimento Magisteriale (ora ho provveduto).
Si avverte, da subito, cosa il CNC vuole da te: l’ascolto. O, più precisamente, l’ascolto docile. Richiesta sacrosanta, di per sé. Vengono letti o ricordati pressoché di continuo: «Se oggi ascoltate la sua Voce, non indurite i vostri cuori», «Chi mette mano all'aratro e poi si volge indietro non è degno del regno di Dio», ecc...
Parallelamente catechisti e presbiteri non perdono occasione di ricordare che se tutti gli Israeliti non avessero seguito Mosè, sarebbero ancora rimasti in Egitto a mangiare le minestre di cipolla.
Il messaggio che passa è limpido: la Sua Voce (di Dio) è quella dei Catechisti ed il deserto è il CNC. Quando comprendi questo è già tardi. Non ti senti di uscire dal Cammino perché, se lo facessi, volteresti di certo le spalle a Mosè - e quindi a Dio - e quindi alla salvezza. Ma non ti senti nemmeno di restare, perché sai che qualcuno ti ha teso una trappola, anzi un trappolone. Questo ti mortifica giorno dopo giorno.
Vuoi restare? Non devi fare domande. Vuoi andartene? Se vuoi sputare sulla Grazia, accomodati.
Una nevrosi, come minimo, è alle porte...
Chi non ha una preparazione catechetica o teologica non si avvede di un particolare, taciuto dal CNC: i battezzati, desiderosi della salvezza, hanno già abbandonato l’Egitto e sono già nel deserto. L’Egitto è il peccato, il deserto è il Mondo, la Manna i Sacramenti.
Qua (nel deserto della vita) certamente comincia il tempo delle “scelte definitive”, non a torto valorizzate dal CNC. Il CNC, però, offre un’eccessiva mortificazione per tutti e non considera di quanta delicatezza e stima abbiano bisogno le persone, specialmente le più deboli nel carattere e nella fede. Io personalmente sono stato spesse volte rimproverato, ma pochissime edificato - edificato non dai catechisti o dai presbiteri, ma dai miei stessi fratelli di cammino, con i miei stessi problemi. Dai Pastori ho ricevuto calci, sbadigli, ordini urlati, umiliazioni, scherno... sto male al solo ricordo.
È proprio per questo motivo che qualsiasi realtà della Chiesa - Francescani, Domenicani, Gesuiti, Presbiteri e religiosi di ogni ordine, ma anche lo stato coniugale - prevede un periodo di apprendistato o di noviziato, al termine del quale il candidato può dire: “non è la mia vocazione”.
Sì, nel CNC c’è il precatecumenato, ma durante questo tempo ti viene fatto capire che il CNC è la tua vera, definitiva, irreversibile vocazione, a prescindere dalla tua volontà. Questa è una novità dottrinale che, francamente, non trova alcun riferimento tra i Santi Padri e Dottori della Chiesa. Tantomeno nel Magistero è prevista un’obbligazione emotiva all’ingresso in un certo Ordine, se non dopo l’emissione dei voti perpetui.
Nel CNC nessuno ha emesso alcun voto.
Per ora mi fermo. Ananke stenai.

Vi sembra di vedere la Trinità di Rublëv; ma se ingrandite l'immagine vi accorgete della mistificazione. Kiko Argüello strumentalizza un'immagine sacra per rappresentare il "Tripode" dei responsabili del Cammino neocatecumenale: lui stesso, Carmen Hernández e don Mario Pezzi. Stiamo anche illustrando via via cosa c'è dell'altro...

martedì 13 ottobre 2009

Un altro piccolo passo

[L'immagine a lato rappresenta una celebrazione -dov'è l'altare?- del rito neocatecumenale presso la Domus Galileae. Potete cliccare per ingrandire]

Chiedo scusa a Davide per aver pubblicato di getto la sua mail così come l'avevamo ricevuta; ma è arrivata in un momento in cui ha tirato le somme del discorso che stavamo facendo in un frangente in cui l'insinuarsi del cammino nella Chiesa sta diventando più subdolo e aggressivo anche in virtù della recente approvazione, che è un atto di fiducia della Chiesa, ma che richiede verifica e corrispondenza alla comunione, come richiesto dal Santo Padre e come a tutt'oggi non vediamo verificarsi nelle nostre parrocchie. Per contro, prosegue l'opera di mimetizzazione che tende a presentare sempre più il cammino come una realtà ecclesiale, che tale poi alla fine è solo giuridicamente e non ontologicamente, a quel che ci è dato di vedere. Ne abbiamo avuto una ennesima riprova anche oggi stesso con il link al loro sito di cui ha accennato Emma.
Nell'esprimere a Davide la mia gratitudine, vorrei dirgli che anch'io sto uscendo allo scoperto, giocandoci la faccia - come si dice -, proprio nella consapevolezza che il momento è serio, molto più di quanto non credessi agli inizi di questo percorso. Inoltre il nostro impegno, nel corso dell'esperienza maturata proprio anche grazie a questa Agorà, ci ha rivelato come, quando è in campo la Verità e la nostra Fede, non si può non "prendere parte", con "parresìa", per ciò che abbiamo a cuore perché fa parte integrante di noi stessi di ciò che siamo e di dove vogliamo essere, cioè la Chiesa e il Suo Signore, nel quale abbiamo fondato e desideriamo radicare sempre più la nostra vita e le nostre scelte e il nostro essere testimoni credibili, non solo perché siamo convinti di quel che diciamo - che è ciò che abbiamo ricevuto e viviamo nella Chiesa - ma anche perché siamo arrivati al punto che occorre andare fino in fondo e non lasciare le cose a metà.
Con questo non intendo niente di eclatante: semplicemente ribadisco la mia volontà di andare avanti, sempre se e come il Signore vorrà e lo vedremo giorno dopo giorno, per mantenere aperto uno dei pochi, se non l'unico canale di informazione corretta, che nella Chiesa fa ancora difetto, a scapito di molti malcapitati, che si trovano cooptati e fagocitati proprio con la garanzia di chi dovrebbe vigilare.
Grazie, Davide, anche per il tuo nuovo intervento, che ritengo sia bene rendere visibile qui estraendolo dai post dell'affollato thread precedente. E' un intervento ricco di motivazioni e insegnamenti, dei quali abbiamo un gran bisogno, se potrai e vorrai continuare a dedicarci un po' del tuo tempo prezioso! Ora lascio parlare Davide:
Caro Tanto Rumore per Nulla, capisco i tuoi dubbi sulla mia mail. Non ci conosciamo e non conosci nulla di me.
Credo non ci sia nulla di male per un cattolico cercare di comprendere quali siano i carismi dei movimenti ecclesiali cattolici, questo anche per cercare di cogliere quei segni dei tempi che lo Spirito lascia anche nella Chiesa per indicare il cammino che sta tracciando. Conoscere una esperienza così forte come il CNC era per me anche riuscire a cogliere come pastoralmente avrei potuto inserire tale esperienza pastorale col suo carisma in una pastorale parrocchiale, senza che esso divenisse "la pastorale" parrocchiale. Il cercare di capire per me non nasce se non dalla necessità di comprendere in un ambito pastorale le diverse esperienze presenti nella mia Parrocchia.
All'epoca ero seminarista, e davvero non mi aspettavo una così veemente difesa dell'"essere a parte", quasi una difesa settaria, del CNC fatta dai suoi appartenenti.
Una persona può non aderire o non frequentare, ma non per questo non conosce. Non serve ad un chirurgo assistere alla propria operazione di appendicite per sapere ben operare gli altri! Studia e fa esperienza.
Così ho fatto. Ho conosciuto persone che sono state nel CNC. Ho avuto compagni di seminario che si sono ritrovati in seminario perchè così gli è stato detto di fare nel Cammino. Molti mi hanno parlato, sia in bene che in male.
Tuttavia una realtà ecclesiale della Chiesa Cattolica ha necessità ontologica di essere appunto "cattolica" ovvero universale, aperta a tutti, non chiusa e tabù come una setta o una religione iniziatica.
Capisco che la cattolicità per molti sia uno scomodo attributo presente nella Professione di Fede. Capisco che sia ancora più scomodo viverla questa cattolicità, ma è l'unico modo per potersi dire appieno immersi nella Sequela Christi.
Ed a proposito della Sequela Christi, mi permetto di dirti, Fratello, che non conosco chi cura il sito, li chiamo Fratelli, perchè in Cristo lo siamo. Sul Sito ci sono finito casualmente navigando alla ricerca di altro, ma ho avuto il piacere di leggere come ho detto molte cose che condivido.
La mia era una mail privata, che non richiedeva di essere pubblicata. Hanno ritenuto giusto farlo, non mi oppongo, come neppure mi oppongo al fatto che il mio nome sia scritto chiaramente, mi assumo le responsabilità di quanto ho scritto, non per polemica ma per quella critica (Dal greco Krisis ovvero distinguere) che distingue ciò che è bene da ciò che è male.
Se asserire che esiste una grande distanza tra gli insegnamenti di Cristo che la Chiesa trasmette da più di duemila anni in modo incorrotto e le innovazioni liturgiche e quindi teologiche (ricordiamoci sempre l'identità tra lex orandi e lex credendi - ciò tra ciò che si prega, adora, contempla e celebra e ciò che si crede) del CNC, è una polemica gratuita, mi permetto di dirti che dinnanzi a Dio siamo tutti responsabili, in virtù dell'unico battesimo in Cristo, Dell'annuncio della Verità che sola conduce alla salvezza delle anime, che è solo in quella Verità che è Cristo. Altre verità non salvano. Se si adora, si celebra, si prega, si contempla e si crede un Cristo difforme dalla Verità, allora non vi è garanzia di salvezza. Questo è il prezzo altissimo di quella che tu definisci polemica.
In Cristo
Davide Rastello

sabato 10 ottobre 2009

Un visitatore del sito ci scrive:

Cari Fratelli,
Ho avuto modo di guardare il vostro sito e di apprezzarlo parecchio. Condivido con Voi molte delle vostre posizioni, sia liturgiche che architettoniche e purtroppo molte anche di quelle psicologiche sul cammino neocatecumenale.
Non sono un ex NC, ma più volte chiesi a chi è parte del CNC di spiegarmi cosa fosse (volevo solo conoscere, non aderire) ma mi sentii dire che non potevo capire se non lo avessi fatto e che per altro non avrei potuto farlo poichè non vi ero chiamato: che dire... complimenti! Da lì in poi cercai di documentarmi come potevo e sempre più mi resi conto quale distanza intercorresse tra la Vera Tradizione della Santa Chiesa e il CNC. Grazie per quello che fate. Continuate a mantenere l'anonimato, è una prudenza utile e talvolta necessaria.
Mi permetto solo ancora un piccolo commento: nel'articolo sulla Domus Galileae c'è una piccola rettifica che mi permetto di fare:
il conopeo nero: secondo il Vetus Ordo (Messale Preconciliare, per capirci) nelle messe pro defunctis si usavano i paramenti neri ad esclusione del conopeo che rigorosamente doveva essere viola, poichè il nero è il colore della morte ma colui che è risorto illumina la morte della speranza della risurrezione quindi il conopeo è viola poichè rappresenta solo il dolore del distacco terreno illuminato dal Signore della Vita e la penitenza per l'anima dei defunti.
Grazie per quello che fate. Un ricordo nella Preghiera
in Cristo
Davide Rastello
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C’è da chiedersi il perché della creazione, in ogni Centro Neocatecumenale del Santuario della Parola in luogo della Cappella dell’Adorazione: le Sacre Specie vengono custodite insieme alla Torah, il Tabernacolo è sempre ricoperto da un conopeo nero. Questi erano i nostri commenti sul conopeo nero. "Che sia una scelta? Ed in base a quali criteri? Che significa l'uso del colore nero sul tabernacolo se slegato dall'uso liturgico? Il conopeo nero non esiste nel culto cattolico. È espressamente vietato da ogni norma liturgica, in ogni tempo, poiché Cristo è il Pane Vivo, non morto. Le difformità liturgiche nel CNC rivelano ben altre più gravi difformità teologiche; a questa non c'è altra spiegazione logica che siamo in presenza di un effetto della dottrina kikiana dell'Eucaristia ('non Presenza' eucaristica fuori dalla celebrazione)".
Una delle tante distorsioni e difformità rispetto al cattolicesimo, che messe insieme configurano una 'diversità' dichiarata, riconosciuta e orgogliosamente vissuta. Continuiamo a credere che si tratti di una realtà ecclesiale? O il frutto del post-concilio ci dice che nella Chiesa c'è posto per tutti tranne che per i cattolici? (vedi pressocché insormontabili difficoltà da parte di vescovi, parroci e superiori liturgici alle richieste di celebrazione del VO, pur in presenza di Gruppo e Sacerdote).
L'immagine riportata in alto, all'inizio dell'articolo, è del "Santuario della Parola" di Scandicci. A destra del Tabernacolo è visibile anche l'inquietante quadro della Madonna di cui abbiamo parlato più volte e che riportiamo a lato. Proprio nulla sembra smuovere i cosiddetti pastori...